Quarantanove componimenti scritti con intervalli di tempo incalcolabili, immobilizzati da sentimenti disfatti, fallimenti, amore. Tutto in un calderone di adorabili macerie. Arcipelaghi di liriche che, nella pluralità della metrica, del respiro e dei toni, dialogano tra loro con rimandi tematici e lessicali che ne rendono una lettura narrativa. Esporre le ferite, raccontare il godimento del sentire illimitato e del provare, sconfinatamente, è il modo in cui l’opera interroga se stessa non per trovare la conferma che l’esistente corre verso l’inevitabile ma la lucidità che il solo modo di scrivere è contro l’evidenza della fine.