Questo mio lavoro poetico nasce sia dall’aver visitato la città di New York, sia dall’aver visto, in un giorno d’inverno, presso un cinema - teatro di Mestre, Duke Ellington e la sua grande orchestra, in un concerto che, per me, ragazzino della provincia veneziana, fu memorabile. Fu, quella volta, un incontro mai avvenuto, davanti ai camerini dove stava il grande maestro del jazz, poiché io mi ritrovai davanti a me un muro di poliziotti e guardie del corpo che mi impedirono di andargli a stringere la mano. Peccato! Non lo stesso fu, quando a New York City, compresi che cosa era quella città, se non la capitale del mondo. Insomma, jazz e New York sono la base scelta per dare l’avvio a questa mia raccolta di poesie e, dopo, l’attentato criminale alle Torri Gemelle. Credo in maniera più ferma di prima che questa sia la base da cui partire, per un viaggio in forma di poesia, nel quale scoprire il senso del mondo stesso che si nasconde dentro le pieghe contorte della mia immaginazione. Eppure, io credo ed ho sempre creduto quanto il passo della poesia dia un passo strettamente musicale che ti fa arrivare, ben presto, al significato che il poeta voleva fare giungere al lettore, coinvolgendolo nella sua musicalità espressa in versi, anzi, diciamo pure che anche queste illuminazioni lo sono poiché quello che viene narrato in versi o, meglio, viene cantato è molto simile al canto in versi degli anziani guerrieri che, davanti al fuoco ristoratore, raccontavano le loro gesta ai nipoti. Ma il fatto è che, seguendo il ritmo del tempo attuale, nuovamente si fa avanti il jazz americano a sconvolgere le certezze di chi se ne sta seduto placido sul divano a risucchiare, come una bibita, immagini e notizie televisive che arrivano forse più veloci della luce a dare nuove idee e nuovi aspetti di una realtà che è come quella della Gotham city la città immaginaria di Batman, quella creata da Finger e Kane, in quel fumetto che ebbe un successo planetario.