In questo piccolo testo l’autore si cimenta in una serie di “versetti” spontanei, scritti di getto, che ripercorrono con la schiettezza romanesca un‘anima e un certo sentimento popolare. Il dialetto viene alleggerito per consentire a tutti una facile comprensione. Senza alcuna neppur minima pretesa di paragone con i grandi della poesia e del versetto romanesco, mantiene una certa irriverenza del Gioacchino Belli, non facendo come lui uso della parolaccia, ma cercando, come Trilussa, prima di tutto la parte più profonda del sentimento umano. Mescola intensa sensibilità spirituale cristiana con una pungente satira verso certe figure religiose, sociali e politiche. Le sue rime semplici e schiette, esprimono un’atmosfera malinconica, con una sofferta ricerca dell’amore, un pò come quella che si respirava nelle canzoni di Gabriella Ferri.