Fin da giovane si rivelano in Gianni Cervi segni di una passione che formerà in lui il bisogno di scoprire nel mistero dell’universo la magia tra l’essere e il nulla. La poesia serve al poeta come ostinazione ad accettare la realtà unicamente sotto la sua forma (altra) non trascendente, né illusoria, ma universale. La continua frequentazione di planetari lo mette in ascolto di cosmici silenzi fino a far scaturire dal suo interno quella luce che è arte e ritmo, una dualità costruttiva, una primordialità simile alla scoperta di nuovi pianeti. Dall’osservazione di tanta grandiosità nascono parole (lunari) che favoriscono condizioni visionarie nel presagio di una bellezza inafferrabile. Dall’amore per questo SPAZIOTEMPO l’enigma della tenebra diventa evoluzione in virtù della poesia.