La poesia, come il talento, è dote. Se ne è naturalmente provvisti, e se non c’è non si può imparare, inclinazione troppo più profonda di una capacità, troppo più radicata di una passione, troppo più caratterizzante di un volto o di una maniera, per poter essere riprodotta o finta. È un taglio del sé. L’antico significato di unità di peso e di somma di denaro mette in luce dei connotati importanti di questa parola. Il talento era unità di peso e somma di denaro poiché la moneta stessa era metallo prezioso, pesato: un talento, ad Atene, corrispondeva a più di venti chili d’argento. Una ricchezza grave, quindi, massiccia, che nel moderno talento appesantisce di responsabilità chi la possieda. Infatti, ovviamente, la ricchezza materiale e quella del talento, in sé, non hanno valore: abbandonate a sé non si mangiano né realizzano. È l’investimento, l'impiego nello svolgimento della vita che ne sprigiona il valore, che trasforma il peso di sé in potere e libertà.