L’opera della poetessa Vincenza Zollo, nasce dalla personale esperienza con la malattia mentale che, sebbene da sempre accettata e curata, ne ha comunque segnato l’esistenza in modo a dir poco significativo. La follia è vissuta sì con rassegnazione, ma allo stesso tempo quasi fosse un privilegio, un dono divino: “la mia follia è il dono immenso dell’amore di Dio” (da “La mia follia è l’alibi”), che la invoglia a lottare quotidianamente con coraggio contro i pregiudizi e i tabù che la malattia mentale rappresenta ancor oggi. La poesia diventa, quindi, mezzo di accettazione e di divulgazione del proprio stato d’animo: “la mia follia è un dono che infiocchetto tutti i giorni con il nastro dorato della poesia”, offrendo spunti di riflessione sul male dell’anima che la interessa sin da bambina, usando nel contempo un linguaggio semplice e diretto, comprensibile al grande pubblico e privo di ricerche stilistiche ad effetto.