Nella sua ultima silloge poetica, che racchiude poesie scritte negli anni 2008-2012, l’Autore ha voluto evocare con la suggestione di miti antichi (come quelli greci di Ulisse, Icaro, Aiace o come quelli, legati alla sua città, di Colapesce, Dina e Clarenza, Scilla e Cariddi) i sogni eterni dell’uomo che da sempre hanno “stimolato” l’ansia della sua anima, soprattutto allorchè egli sente, con il passare delle stagioni, che “la notte avanza” e si avvicina l’appuntamento finale con “la vecchia sporca, deforme e brutta”. Così, l’ansia di gloria di Ulisse si unisce al desiderio di giustizia e di pace di Don Quijote; diventa più essenziale la necessità di scoprire se stessi e non tanto, come Icaro, mondi nuovi; sono additati come sentimenti falsi e forieri di delusione e di morte, quelli di invidia ed orgoglio di Aiace, o quelli di odio, come nel mito di Scilla; l’esortazione ad essere vigili come Dina e Clarenza o generosi come Colapesce. Si aggiungano in questo viaggio fantastico, in cui il mito diventa sogno e il sogno si confonde con il mito, il ricordo della giovinezza che non ritorna nella vita che scorre, le mete sognate e disperse fra ricordi e rimpianti, la speranza riguardata come unica àncora alle atrocità della vita, il più spiccato bisogno di introspezione e di amore. Si intuirà forse meglio quello che viene definito il “dilemma infinito” dell’uomo: “essere o divenire?”