“Nero” per me è una ferita ancora aperta. È il mio demone che bussa alla porta nel cuore della notte, mentre io con le cuffie nelle orecchie sono perso nel mio mondo. Ma lo so, che lui è lì e bussa cercando me. “Nero” è l’autobiografia, redatta col mio stile, del mio periodo più cupo degli ultimi anni, in cui riversavo il rancore e la depressione nell’alcol e nei versi che leggerete. Ma non prendete “Nero” come il testamento di un poeta maledetto alla Baudelaire. È piuttosto un resoconto di una depressione superata. E ora io stesso leggo “Nero” come la lapide di un “me” passato e concluso.
Un capolavoro.
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