“Sui miei passi in-versi” è una raccolta poetica di 102 liriche di argomento autobiografico precorsa da tre saggi in versi: “Percorso esistenziale”, “L’interminabile attesa”, “La perdizione” che ne rivelano il suo modus poetandi e la sua originale forma mentis. Apre la raccolta lirica “Al teatro Apollonio”, versi che l’autrice dedica a Morgan mentre si esibisce al pianoforte; sintomo di una profonda ammirazione verso l’artista, il quale apprezza molto e probabilmente stimola Gelsomina al prosieguo. Segue, infatti, un altro brano dedicato a lui. “Sui miei passi in-versi” è per l’autrice una nuova strada che i suoni, i colori, la natura del suo vissuto le suggeriscono d’imboccare e che la conducono alla ricerca di una nuova forma espressiva; dapprima in prosa e successivamente in rima. Nelle sue liriche prende posto un armamentario di odi e di tormenti, di orrori e di fantasmi quasi ad impersonarne, a volte, la forma sulle pareti della sua casa, come ci descrive ad esempio nel poema “La mia stanza”: in un più amaro gusto del nulla e in un sentimento del tempo come soffocazione e rinvenimento. Ma per contrapposizione inneggia il bagaglio di amori e di conforti, di splendori e di verità su un palcoscenico interiore a sipario, però, aperto. Si infittiscono nel discorso poetico gli elementi della satira, del saggio, del grottesco in una vena quasi didascalica o di forte struttura ideologica. “Sui miei passi in-versi” è un’opera in versi che riflette l’immagine della vita che arricchisce e disfa se stessa e, ove nulla esiste di assoluto e di definitivo. Da qui “in-versi”.